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Visualizzazione dei post da febbraio, 2008

'E Dolce Speciale de' Spitale 'e Napule

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‘E Dolce speciale de’ Spitale ‘e Napule Ogni ospedale napoletano, traendo origine da vecchi conventi od antichi monasteri, fu gestito da vari ordini monastici, fino a che non è stato introdotto il sistema Sanitario Nazionale. Tra gli ordini più famosi, v’erano le cosiddette Figlie Della Carità : suore vestite di blu con un ampio copricapo bianco. ritratto di suora appartente all'ordine delle  "figlie della CARITà " Tali suore, dedite soprattutto all’assistenza dei degenti, apparivano un pilastro solido della buona sanità, e rappresentavano la nervatura portante di ogni nosocomio per tutto ciò che significava pulizia, ordine, rispetto, efficienza ed umanità, come era richiesto dai quei luoghi di sofferenza . In alcuni di essi, specie in quelli, che recavano il nome di un santo o di una santa, le monache avevano l’abitudine di preparare un dolce ed un pranzo particolare, nel giorno dedicato al santo a cui l’ospedale era intitolato, per poi offrirlo agl

'A Sciorta 'e Maria Vrenna

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‘A Sciorta ‘e Maria Vrenna (La fortuna di Maria di Brienne) ‘A Sciorta ‘e Maria Vrenna è un detto napoletano, per scongiurare la cattiva sorte, alla stregua della Contessa di Lecce, (nata a Lecce il 1367), che sposando il nobile Raimondo Orsini De Balzo, divenne anche Principessa di Taranto e di Brindisi, titoli che aggiunse a quello di Contessa di Brienne, che aveva ereditato dalla zia Isabella, sorella del padre Giovanni d’Enghien. Ebbe quattro figli, Maria, Caterina, Gianni Antonio e Gabriele. Nel 1406 a soli 39 anni e dopo un matrimonio felice, rimase vedova e suo malgrado convolò a seconde nozze con il RE di Napoli dell’epoca, Ladislao I d’Angiò, detto il Magnanimo, sia per porre fine alla sanguinosa guerra che stava combattendo contro di lui, che assediava le sue terre, sia perché fu allettata dalla diplomazia nemica che le proponeva di porre fine ai combattimenti, in cambio di un trono, quello del Regno di Napoli. Ritratto di Maria d'Enghien, contessa di Bri

'O Pazzariello

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‘O Pazzariello è un mestiere, che veniva esercitato a Napoli negli anni che vanno d alla fine del ‘700, per tutto l ’800 e fimo agli anni 50 del ‘900. ‘O Pazzariello era un mestiere ambulante, saltuario e l’esercitava chi senza un lavoro, pur di guadagnare quel poco per vivere o per arrotondare, si vestiva bizzarramente con abiti del tipo da Generale Borbonico, (ossia indossava una marsina con bordi argentati, una camicia con svolazzi nascosta da un panciotto di color rosso fuoco, da brache colorate a strisce bianche e nere, che a mezza gamba poggiavano su calzettoni, color rosa, sgargianti, calzava, poi, scarpe con ghette e per copricapo portava una feluca inghirlandata e per darsi un po’ di tono sul petto della marsina aveva appuntato patacche senza valore, come fregi.) ‘O Pazzariello si presentava in pubblico impugnando in una mano un bastone dorato e nell’altra, bene in vista,  un fiasco di vino, o altri prodotti di prima necessità ( pane, pasta ) che andava pubblicizzando per

'O Patanare

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‘O Patanare in italiano è il Patataio. Venditore ambulante di patate. Patanaro  ( Patataio) di altri tempi.  Un tempo girava per le strade ed i vicoli di Napoli a piedi con un sacco a tracolla pieno di patate o girava con un asino con una soma carica di tale ortaggi, appena estirpati dal terreno e andava vendendole al grido: “Patane a ‘nu chile tri sorde!” (Traduz. = patate un chilo tre soldi) “Patane janche e grosse “ (Traduz. = patate bianche e grosse) “Patane, me parene muzzarelle” (Traduz. = patate mi sembrano mozzarelle) “Tenghe ‘e Patane pe’ panzarotte” (Traduz. = ho le patate per fare i panzarotti) “ Acalate ‘o panare! Gente – gè…!, cinque chile ‘e patane ‘na lire! ” (Traduz. = Abbassate il paniere! Gente…! 5 kg. Di patate una lira) ‘O patanare ambulante ogni giorno riusciva a venderle tutte, in seguito, con l’aiuto di un carrettino trainato da un asinello, aggiunse alla sua offerta di patate anche i piselli nel periodo della loro crescita. Ai tempi nostri