Storia di Chiaiano 9^ Punt/ giuochi di fanciulle

Capitolo quattordicesimo





Continua i giuochi praticati  a Chiaiano


come si giocava negli anni  del dopoguerra

C’erano anche i giuochi, che praticavano generalmente solo le femmine, o meglio le ragazzine, come:

Salto della fune

 
Salto della fune


 il salto della corda (‘a Fune),



Il gioco si svolgeva fra tante bambine, due di loro tenevano la corda alle due estremità facendola roteare, mentre le altre saltavano, ad una ad una fin quando non sbagliavano. Durante il gioco si cantava la litania: Arancio, Limone e Fragola e si ricominciava da capo. 
Per allenarsi a saper saltare ci si cimentava anche da sole facendo roteare la corda con le braccia attraverso il capo e contemporaneamente saltare.

Il gioco delle Vriccelle, ( noto pure come il giuoco dei sassolini) consisteva nel prendere cinque piccole pietre, dei sassolini detti “vriccelle” ed una un po’ più grande, detta “Pietra Mastra”.
Il giuoco delle vriccelle ( sassolini)

Le prime si disponevano a terra, entro un piccolo spazio prefissato, con un lancio misurato si lanciava la “pietra mastra” in aria e nel tempo di ricaduta si prendeva, con la stessa mano, una di quelle rimaste a terra, recuperando nel frattempo la pietra mastra prima che questa cadesse. Il gesto si ripeteva fino ad esaurimento dei “sassolini”(vriccelle), Nelle fasi successive si prendevano i "sassolini”(vriccelle) a due a due, poi a tre a tre, poi a quattro a quattro e poi a cinque a cinque. 
Chi sbagliava ricominciava dall’inizio.

Il gioco delle “Nucelle”, noto pure come la “Fossa” (‘o fussetielle)

Le nocciole utilizzate per il gioco delle Nucelle



 
Era un giocherello antico prettamente del Meridione, diffuso prevalentemente tra i ragazzi nel mondo contadino o rurale durante le feste natalizie e pasquali.
Occorreva per tale gioco una fossa di pochi centimetri scavata sotto un muro o sul pavimento e delle semplici nocciole (‘e nucelle), note a Napoli, come facenti parte dell’insieme delle noci e nocciole (‘e ciociole).
In partenza si stabiliva la vincita, che era generalmente del mucchietto delle stesse nocciole, (puntate in parti uguali dai partecipanti). Per procedere al gioco, che consisteva nel lanciare nella fossa, ad una certa distanza, la quantità di nocciole puntate e nello stesso tempo dichiarare che se fossero andate tutte dentro sarebbe stato lui il vincitore, come lo sarebbe stato, pure, se fossero fuoriuscite alcune in numero pari o dispari, avendolo dichiarato anzi tempo. Dopo il lancio se fossero fuoriuscite dalla fossa od in numero non dichiarato, il lanciatore perdeva la facoltà di un ulteriore tiro e spettava lanciare all’altro giocatore con l’identica regola. Il gioco terminava con l’esaurirsi della dote delle nocelle personali.
Bambala detta pure  " 'A Pupata"

Il giuoco della brava mamma (a mammarella) con l’aiuto del giocattolo diventato l’emblema per antonomasia del gioco delle bambine di tutti i tempi “la bambola” (‘a pupata).
Il gioco era l’imitazione per le bambine della propria mamma ed immaginavano di dover dirigere una casa con una famiglia, come fa una madre nella realtà.
Si servivano del giocattolo “le bambole” (‘e pupate) come se fossero figlie o di bambolotti, che rappresentavano i figli maschi.
S’apprestavano a pulire la casa, a cucinare su una finta cucina, a mettere a nanna l’immaginaria prole di bambole e bambolotti e con un finto succhiotto li allattavano persino alla stregua di una vera brava mamma di casa.
Era uno spettacolo meraviglioso, era come vedere una famigliola in miniatura, spesso completato con l’ausilio di mini-mobili (stanza da letto, soggiorno, sala da pranzo, piccole furnacelle con casseruole, scodelle e pentole).
A quell’epoca siamo nel dopoguerra (anni cinquanta fino ai sessanta, come me li ricordo) le nostre abitazioni erano povere e disadorne, così ad imitazione erano quelle delle piccole mamme in miniatura

La settimana, ('a Semmana),
Schema del gioco della settimana detta pure della campana




Schema disegnato con il gesso per terra
del gioco della settimana detta pure della campana


La settimana è un gioco antichissimo, diffuso su tutti i continenti, sia pure con una quantità infinita di varianti. È forse il primo gioco che i bambini e bambine fecero insieme. Si trattava, infatti, di disegnare col gesso per terra delle caselle (in genere 7) in alcuni casi come succedeva nell’androne del palazzo di Via Barone, al civico 19, dove abitavo da bambino, poiché era lastricato interamente di basoli, ce n’erano alcuni un po‘ sporgenti, che pareva messi a posta per apparire come un rettangolo di sei caselle per giocare la settimana. Una volta delimitato il campo di gioco, per lo più si trattava di sei quadrati più un arco. Il gioco consisteva nel saper saltare dentro i quadrati tracciati del rettangolo, a turno, di tutti partecipanti al gioco. Per prima cosa si doveva lanciare un sasso (‘a pastora) sorta di coccio di piastrella o mattone che doveva rimanere, come inizio, entro la prima casella, quindi saltare dentro e prendere con una sola mano il sasso (‘a pastora), che si era precedentemente lanciato nella casella segnata col numero uno e poi continuare a saltare sempre con un solo piede dentro le altre e tornare all'inizio.
Lanciare di nuovo il sasso (‘a pastora) nella successiva casella e ripetere sempre saltellando il percorso del campo da gioco delimitato e vinceva il bambino, che per primo riusciva a far cadere il sasso in tutte le caselle ed a completare il percorso senza mai toccare con i piedi le linee tracciate.
Esistono molti modi per definire questo gioco: mondo, campana, settimana, la luna ecc.


continuerà con nuovi capitoli  appena possibile
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