La pesca Tabacchiera
Pesca Tabacchiera o Saturnina |
Con “tabacchiera” o “saturnina” si indica una rara varietà di pesche, la cui
produzione è tipica delle pendici dell’Etna, originaria in particolare delle
Valli del Simeto e dell'Alcantara. Il nome è dovuto alla forma, schiacciata sui
due lati, che ricorda proprio quella di una tabacchiera o del noto pianeta del
sistema solare. Sono molte le particolarità ed i pregi di questo frutto,
purtroppo di limitata diffusione. E’ una pesca
di taglia medio piccola, ha polpa bianca molto dolce e morbida. I tratti
caratteristici sono il nocciolo molto piccolo - più di quello di un'albicocca
- ed il profumo intenso tipico dei frutti appena colti e non sottoposti a
trattamenti.
Dove si trova
Per quanto buono e ricercato questo frutto è davvero una rarità. Non temete:
trovare le pesche tabacchiere è difficile ma non impossibile! Nonostante questa
cultura abbia origine sulle pendici dell’Etna, oggi la si coltiva, a livello
amatoriale, anche in alcune parti dell’Italia del Nord, soprattutto in Romagna.
La sua area di produzione tradizionale comprende i Comuni di Adrano,
Biancavilla, Bronte, Maniace, Mojo Alcantara e Roccella Veldemone. Vi avverto
però: quando la si trova al supermercato o dal fruttivendolo di fiducia, dopo
la sorpresa, la prima variante che attira l’attenzione è il prezzo,
giustificato, ma decisamente più alto della media. La distribuzione della pesca
tabacchiera non è semplice. E’ innanzitutto un prodotto di nicchia, poco
conosciuto la cui richiesta di mercato è bassa e la produzione di conseguenza
limitata. Può conservarsi per soli 2 o 3 giorni dopo la raccolta. Infine, la
forma caratteristica mal si adatta agli imballaggi tradizionali per le pesche.
In ogni caso sfido chiunque l’abbia assaggiata a dire che non ne vale la
pena...
Storia
La peschicoltura si diffuse sulle pendici dell’Etna ad iniziò 800 quando si
conclusero i privilegi feudali, grazie all’approvazione della Costituzione del
1812. Fino a quel momento ai conduttori dei latifondi non era mai stata
permessa la coltivazione arborea. Fu poi la riforma agraria del 1950 a dare la svolta
definitiva all’economia siciliana sostituendo le colture annuali con quelle
perenni. Ed ecco che sulle pendici dell’Etna, vicini dei famosissimi pistacchi
di Bronte, incominciano a crescere altri prelibati frutti, come le pesche
saturnine. Furono gli amministratori di una delle proprietà storiche della
zona, la Ducea
di Maniace, ad essere particolarmente attivi nell’opera di
sperimentazione di nuovi cultivar di frutta e a scoprire nella pesca
tabacchiera una delle più adatte al microclima etneo. La zona, già nota per
essere stata donata nel 1799 da Ferdinando di Borbone all’ammiraglio inglese
Orazio Nelson, come ricompensa dell’aiuto fornito per stroncare la rivoluzione
di Napoli, si rivelò subito vocata alla frutticultura. Grazie ai suoi terreni
ben drenati, l’abbondanza d’acqua e l’escursione termica del territorio le
pesche risultarono buonissime e conquistarono subito il favore degli abitanti
locali. Da diversi anni questa prelibatezza siciliana è diventata presidio Slow Food, con l’obiettivo di aiutarne la difficoltosa
commercializzazione e preservarla dalle contaminazioni dell’agricoltura
moderna.
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