Gli Incappucciati
I papute , chi erano ed esistevano una volta anche a Chiaiano?
Domanda fattami da un giovane studente di
Chiaiano, mentre si stava discutendo di storia delle chiese parrocchiali
del nostro amato Quartiere, Chiaiano, e quale funzione sociale delle
stesse, avevano permesso la nascita dei rispettivi insediamenti abitativi
di persone sui territori, noti fin dall’antichità, come casali
di Chiaiano e Polvica, poiché erano solo zone agricole produttive
di rigogliosa e squisita frutta, quali Mele, Noci, Pesche e le ciliegie,
ma non di uva per ottenere degli ottimi ed eccellenti vini.
Immantinente risposi alla incuriosita richiesta, chiarendo
affermativamente, ma precisando che la zona agricola e boschiva di Chiaiano
fino al 1806 era rappresentata e divisa in due Casali differenti, ma
ugualmente importanti, quali : Chiaiano e Polvica, perchè facevano parte del
Demanio del Regno di Napoli.
Tali Casali erano in territori dislocati, lontano dalla città di
Napoli, ma confinanti tra di loro, ed erano nati, come era d’uopo a quell’epoca
, attorno soprattutto alle riconosciute chiese parrocchiali ed alle
relative concreghe annesse, che nacquero come quella di Polvica, con la
devozione del santo patrono, “ San Nicola di Bari “, mentre quella
di Chiaiano con la devozione del suo patrono “ San Giovanni Battista”.
Il casale più antico è accertato era quello di Polvica come si
legge nel Dizionario ragionato del regio archivio diocesano di Napoli,
infatti era gia noto e registrato, (dopo la fine del glorioso
Impero Romano d’Occidente dell’ultimo imperatore, Romolo Augustolo, datata
476 d.C ) ed anche, dopo, quando l’Italia Meridionale fu dominata
dall’impero d’Oriente ed ai tempi dell’imperatore, Alessio Commeno,
circa nell’anno 1100 e Polvica, era già conosciuta ed era denominata Polleca .
poi Pollica ed infine riconosciuta come: il casale di Polvica.
Questa trascrizione, quindi, fa dedurre che Polvica, come
casale, era stato già creato in età romana , come lo testimonia, pure la
lapide del sarcofago romano, rinvenuto durante il restauro della
Chiesa di San Nicola, negli anni ’50 del secolo scorso, ed attualmente si
può ancora ammirare, perché custodita e murata nella parete della scala
di accesso che porta al campanile ed al vano, un tempo, dell’organo che
sovrasta l’entrata.
Chiesa di San Nicola di Bari in Polvica |
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Epigrafe roamana trovata nel Restauro della Chiesa di Polvica |
Tale epigrafe su un marmo salmastro, fu murata ed attualmente si
può ammirare nell'accesso alle scale, che portano al campanile, e
si legge a malapena quanto segue:
D M
POMPONIAE L F
SATVRNINAE ET
BLAESIANO F EIVS
ET PLOCAMO MARITO
LIBERTIS LIBERTABVSQ
ET [E]IS QVOS A PLOCAMO
MANUMITTI
VOLVIT
POMPONIAE L F
SATVRNINAE ET
BLAESIANO F EIVS
ET PLOCAMO MARITO
LIBERTIS LIBERTABVSQ
ET [E]IS QVOS A PLOCAMO
MANUMITTI
VOLVIT
«(Sacrum) D(is) M(anibus) Pomponiae
L(iciniae) f(iliae) Saturninae et Blaesiano f(ilio) eius et Plocamo marito
libertis libertasbusq[ue] et [e]is quos a Plocamo manumitti volvit»
La traduzione interpretativa dal latino di
(G. D’ISANTO, Scheda n. 8
in G. CAMODECA (a cura di), in «Puteoli Studi di Storia
antica» VI (1982), pp. 153-156, fig. 7.)
«(Sacro) agli dei Mani di Pomponia Saturnina, figlia di Licinia. E a
Plocamo suo marito e a suo figlio Blesiano, ai liberti e alle liberte la cui
manomissione ella concede a Plocamo»
Negli anni poi del 1700, esattamente nel 1740, fu creata una
confraternita, un’associazione di fedeli di vera civiltà cristiana con finalità
di carità e di sentito culto alla Madonna, con la denominazione di “Congrega
dell’Immacolata Sempre Vergine” eretta nella stessa chiesa parrocchiale
di San Nicola del Casale di Pollica, (come si legge nell’atto
originale, della Regola della Congrega dell’Immacolata su citata,
presentato al re Carlo III di Borbone, registrato nel Regio
archivio di Napoli il 13 luglio 1753.
Dopo tale premessa storica, entriamo nella descrizione del
Termine “ Paputo ” e spieghiamo cosa centra
con il borgo di Polvica di Chiaiano, così spero di dare una risposta esaustiva allo
Studente incuriosito.
I “papute” erano personaggi, conosciuti durante la mia infanzia,
che incutevano paura, infatti, si era solito, vederli durante i Funerali
di qualche personaggio deceduto del casale, però iscritto e facente
parte alla Congrega dei Confratelli dell’Immacolata Concezione, sita
come, innanzi detto, nella Chiesa parrocchiale di San Nicola di
Polvica in Chiaiano.
I Confratelli in realtà erano membri laici di una
Confraternita o Arciconfraternita, una sorte di una associazione che sorgevano
per vere e proprie esigenze della popolazione più povera e si occupavano
principalmente nel dare una cristiana sepoltura a chi non poteva
permettersela.
Questi confratelli nostrani , detti “ Paputi ” , precedevano i
funerali dei confratelli deceduti, vestiti da Incappucciati , cioè vestiti con
un camicione bianco e con un cappuccio di colore celeste-azzurro, ( i
colori delle vesta della Madonna Immacolata), e sfilavano in processione
ricordando la passione e la morte di Cristo, e portando inneggiando, come un
vessillo, una croce di legno colorata di nero, rappresentando quella in cui fu
crocefisso Gesù, e nel procedere intonavano litanie in coro e con canti
ispirati alla passione del cristo ed alla sua resurrezione.
Il termine “ Paputo/i” deriva etimologicamente dalla parola
greca (Pappos –ou) che significa = nonno, avo e con lo stesso
significato fu riproposto anche in latino ( Pappus –i) uomo vecchio –
nonno . – mentre nella lingua Napoletana, Paputo sta a
significare: incappucciato, chi non vuole farsi riconoscere come un anonimo
penitente che apparteneva ad una sorta di setta quasi segreta.
Il capo di questa associazione cristiana, detta
Confraternita, era “ O Priore” che era il responsabile primario
dell’organizzazione di questi fedeli, che di solito perseguivano finalità di
carità e di culto. Il Priore era solitamente colui che ed aveva il
compito di controllare il lavoro, che svolgeva l'amministrazione della
confraternita e presenziava e controllava che tutto procedesse bene durante
l'esumazioni nelle cappelle cimiteriali della stessa, (generalmente le cappelle
si trovavano sotto la sala della Congrega, che era annessa alla Chiesa
parrocchiale di riferimento) e partecipava di diritto agli incontri in curia
per le decisioni diocesane.
Haime, negli anni di fine ’50 ed inizio ’60 del
Novecento per volontà del sacerdote dell’Epoca della parrocchia di Polvica, un
certo Don Angelo Ferrillo, proveniente dalla vicina Calvizzano, con idee di
grandezza, nell’ambito del restauro della stessa Chiesa, sconvolse
l’intero monumentale edificio, facendo incorporare i locali della Congrega e
distruggendo tutto ciò che era in esso contenuto, ( quadri , scanni e
mobili vari, ritenuti vetusti ed inutilizzabili), e nello spazio
ricavato, vi impiantò la nuova sacrestia, mentre i locali sottostanti, che
erano adibiti a cappelle di sotterramento delle salme dei confratelli, fu
creato un salone per un parrocchiale cinematografo e dopo un poco, anche aule
per l’insegnamento della scuola elementare, data la carenza, di quel periodo,
di edifici scolastici adeguati alla generazione dei bambini del dopoguerra.
Il primo , Priore, della Congrega dell’Immacolata Concezione di
Polvica, fu Bernardo De Cristofaro nel lontano 1740 , come è riportato nella
regola della Confraternita presentata per ottenerne la formale
autorizzazione reale , e registrato come atto notarile nell’archivio regio di
Napoli il 13 luglio 1753. L’ultimo Priore della Confraternita fu , Gaetano
Pennino, ricordato professionalmente come un grande maestro di stucco di pareti
e facciate di palazzi e Chiese dell’epoca.
Qualche interessante norma della Regola della Congrega era che ci
si poteva farne parte essendo frequentatori della parrocchia ed aver
compiuto almeno 15 anni d’età, per l’effettiva iscrizione essere
presentato da un già confratello, che garantiva l’onesta e la certezza
del culto cristiano del novizio.
Altra norma non derogabile era la tassa di entratura di ciascun
confratello, che era così disciplinata ed era tassativa da versare al
tesoriere. ( quelli di età da 15
a 25 anni era di 5 carlini, quelli da 26 a 30 anni era di 8
carlini, quelli da 31 a
40 anni era di 10 carlini, mentre da 40 in sù non meno di 15
carlini.
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il Carlino - Moneta usata al tempo di Re Carlo III Di Borbone |
Una tassa, infine, di appartenenza alla
Confraternita, era richiesta ed era in questo modo stabilita dal
Priore e dal consiglio degli assistenti protempore, in base
all’età, alle disponibilità economiche ed alla salute del confratello, ed
era versata ogni domenica da ciascun adepto nella misura di una " Cinquina ", che
serviva alla comgregazione per assolvere ai vari compiti della stessa ed ad
assolvere ai debiti contratti per gli interramenti e per l’esumazioni e per la
fabbrica delle cappelle da farsi nel Cimitero dopo l’editto di Saint Cloud,
emanato da Napoleone Bonaparte il 12 giugno 1804.,
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