IL Mito di Capo Miseno

Spiaggia di Miliscola con il promontorio di Capo MIseno



Tra i promontori più belli, della costa Campana, che s'incontra lungo le placide e azzurre acque dei golfi di Pozzuoli, di Napoli, di Salerno fino a quello di Policastro, si scorge prepotentemente quello di Capo Miseno, che a forma di un alto tumulo, dà la sensazione di trovarsi innanzi ad una gran tomba, eretta per conservare nei secoli i resti dell’eroe troiano “ Miseno” il trombettiere d'Enea, che morì annegato nei pressi di quella montagna.
Il mito di Capo Miseno deve il suo nome alla figura di Miseno, secondo l’epopea omerica, era un compagno di Ulisse, suonava il corno per allietare i vogatori sulla nave nelle lunghe peregrinazioni, quando durante la traversata di quella zona, per il sopraggiungere di una tempesta, cadde in mare ed annegò. Ritrovato il corpo sugli scogli del promontorio, i compagni lo tumularono sotto la montagna.
Secondo la leggenda virgiliana, era ricordato come il trombettiere d'Enea, era figlio di Eolo (il Re dei Venti) e poiché sfidò follemente gli Dei, asserendo che nessun essere mortale o immortale poteva superarlo quando suonava la sua sublime musica, che era una dolce melodia, che placava ogni malinconia e rendeva sereni gli animi. Per questa sua alterigia, e presunzione irritò un Tritone,

scultura del tritone del bernini



 un essere marino soprannaturale, che mal sopportò la sfida, e così dando fiato alla sua gigantesca conchiglia, generò una tromba d’aria marina tale, che lo trascinò in mare, facendolo annegare. Raccolte le sue spoglie l’indomani lungo la spiaggia del promontorio, Enea coi suoi compagni gli diede una degna sepoltura sulla montagna, facendo innalzare un tumulo di grossi macigni, sotto il quale fu seppellito il suo remo, le armi e la sua tromba,  per far ricordare eternamente quel piccolo eroe. 
Capo miseno visto dal mare




Dalla forma con cui appare il promontorio, quasi come una gobba della montagna da quel momento fu chiamata Capo Miseno in onore del povero suonatore naufrago, Miseno. Sulla collina del promontorio fu costruita poi una villa sontuosa che appartenne nel II sec. a.C. a Cornelia, la madre dei Gracchi, poi fu acquistata da Mario e ceduta infine a Lucullo per 10 milioni di sesterzi, che la trasformò come residenza di lusso grandioso. La villa fu incamerata in demanio imperiale e nel 37 d.C. (come ricorda Tacito) vi morì l’imperatore Tiberio.
Esiste anche una nota dello scrittore greco Stradone, che identifica il promontorio di Capo Miseno, come il paese dei Lestrigoni, esseri giganteschi, che assalirono Ulisse ed i suoi compagni, lanciando dei massi contro la sua nave, uccidendone uno, Miseno.

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