'A Sciorta 'e Maria Vrenna


‘A Sciorta ‘e Maria Vrenna


(La fortuna di Maria di Brienne)



‘A Sciorta ‘e Maria Vrenna è un detto napoletano, per scongiurare la cattiva sorte, alla stregua della Contessa di Lecce, (nata a Lecce il 1367), che sposando il nobile Raimondo Orsini De Balzo, divenne anche Principessa di Taranto e di Brindisi, titoli che aggiunse a quello di Contessa di Brienne, che aveva ereditato dalla zia Isabella, sorella del padre Giovanni d’Enghien.
Ebbe quattro figli, Maria, Caterina, Gianni Antonio e Gabriele. Nel 1406 a soli 39 anni e dopo un matrimonio felice, rimase vedova e suo malgrado convolò a seconde nozze con il RE di Napoli dell’epoca, Ladislao I d’Angiò, detto il Magnanimo, sia per porre fine alla sanguinosa guerra che stava combattendo contro di lui, che assediava le sue terre, sia perché fu allettata dalla diplomazia nemica che le proponeva di porre fine ai combattimenti, in cambio di un trono, quello del Regno di Napoli.


Ritratto di Maria d'Enghien, contessa di Brienne
principessa di Taranto e Brindisi
Divenne Regina di Napoli , sposando il Re Ladislao I d'Angiò
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Ambiziosa e desiderosa di diventare Regina, accettò l’offerta e le nozze furono veloci e sfarzosissime e si celebrarono nel principesco Castello Aragonese, nella cappella di San Leonardo a Taranto.
Giunta a Napoli, fu bene accolta dal popolo, anche perché si prodigò per aiutare i poveri ed i meno abbienti, facendo costruire ospizi e conventi e riordinare le attività economiche ed amministrative, emanare vari editti, giacché il marito era dedito principalmente a guerreggiare,  per coronare il suo ambizioso progetto di unificazione dell’intera penisola italiana.
I rapporti con il marito non furono dei più sereni e ben presto precipitarono, anche perché Ladislao la costringeva a vivere a fianco delle sue molteplici amanti.



Ritratto del Re Ladislao I d'Angiò



Questo sconcio e gli stessi rapporti tormentosi tra i due, terminarono il 6 agosto del 1414, quando il buon Ladislao aveva appena 38 anni e si affermava che fosse morto a seguito di una malattia, contratta nell’espugnare Perugia. In realtà, morì d'avvelenamento con un colorito aneddoto, riportato da un autore napoletano dell’epoca, che descrisse l’accaduto come un’imprudenza del Sovrano, che pur facendo assaggiare ogni cosa, che ingeriva, prima agli assaggiatori di corte, non fu attento e né prese nessuna precauzione con il sesso femminile.
La leggenda dice che un medico di Perugia, padre di una sua amante, spalmò sul sesso della figlia un veleno, facendo credere a quest’ultima, che la pomata servisse a stregare il suo amante regale.
Rimasta vedova e non avendo avuto eredi da Ladislao, fu deposta dalla cognata, Giovanna II, cui spettava il Regno e fu dalla stessa crudelmente imprigionata in Castel dell’Ovo e liberata in tarda età, perché malata.
Si spense nella sua terra, dopo aver perduto ogni titolo nobiliare a Taranto nel 1446.



E' una curiosità storica che insegna tante cose:
L'ambizione porta a volte a fare una brutta fine;
Non esiste un mortale superiore,  onnipotente,
perchè esiste anche l'imponderabilità e l'imprevedibilità.

Commenti

  1. Anche io ho imparato un detto nuovo...le origini non mi erano note!

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  2. è interessante scoprire le origini di frasi comuni, io questa però, non la conoscevo, buona serata!

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  3. buon giorno.
    inzomma, professòre, un modo per dire, una un pòco sfortunata!

    un'altra, aggiungerei io.

    certo che, il veleno, ha avuto i suoi bei momenti di popolarità.

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  5. un bel modo di usare il veleno , non c'è che dire...sarà pure morto contento!
    Interessanti queste notizie storiche e anche poter risalire all'origine di un detto dialettale.
    complimenti al professore.
    cri

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  6. Un giorno scriveremo un libro a 4 mani, chisà.

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  7. Interessante! Cmq VRENNA è il mio cognome e mentre facevo una ricerca sulla mia famiglia mi sono imbattuto in questo articolo, grazie per l'articolo!

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