Vittorio Emanuele III

PIazza Municipiio nel 1912





Narrazione storica dopo l'incontro immaginario con Vittorio Emanuele II

 Nembri  di   Casa Savoia             Vittorio Emanuele III



PIazza mucipio con il mon. a Vitt. Em. II e la banca d?italia anno 1980



“Carissimo Castagna, beviamoci, intanto, una tazzina di caffè (o meglio diciamola alla napoletana) (surziammece ‘na bella tazzulella ‘e cafè), comodamente seduti a questo tavolino, qui a Piazza del Municipio ed approfittiamo che è una bellissima giornata settembrina napoletana, e guardando il maestoso castello del Maschio Angioino, mi viene in mente un aneddoto storico, che mi raccontava sempre mio padre, quando veniva in macchina con me la mattina accompagnandomi, mentre mi recavo al lavoro in Via Cervantes, per stare un po’ con me. ” Aneddoto da Lui vissuto nell’estate del 1917, insieme a suo padre (mio nonno Antonio), quest’ultimo durante una breve licenza  militare ordinaria, prima di partire definitivamente per il fronte nella grande guerra (quella del 1915/1918), così ripresi a raccontare i fatti di casa Savoia, da dove li avevo interrotto.


Piazza municipio con veduta della Banca d'Italia anno  2000



Raccontai per la cronaca l’aneddoto : “Lui (mio padre) aveva sette anni, e mio nonno, Antonio, vestito da militare proprio sotto le finestre della Banca d’Italia dal lato di Piazza Municipio, (a quell’epoca c’era un giardinetto ed una panca) consumò una coppetta di gelato, che il padre gli aveva acquistato presso un ambulante gelataio, che li sostava”. L’episodio non avrebbe alcuna rilevanza narrativa, se non il fatto che il povero uomo (mio nonno) invitò il proprio figlioletto a non dire, quando sarebbero saliti su dai parenti, dove si trovavano altri bimbi, che, il suo papà gli aveva comprato il gelato, perché, non poteva comprarne degli altri da portare anche a loro, non avendo altri soldini. Il ragazzo (mio padre), come giunse su dai suoi cuginetti, spifferò il tutto e mio nonno, invece di sgridarlo si fece una gran risata con la moglie Maria. Da quel giorno mio padre, non rivedette più il proprio genitore, (mio nonno), perché fu ritenuto disperso al fronte e mai più ritornò, e visse la sua esistenza da orfano di guerra senza avere il conforto dell’assistenza e la guida paterna”. Il buon Castagna mi contrappose con tono autoritario:“ che 'nce azzeccà tutto questo con casa Savoia, mica la tua schiatta è d’origine nobile?”
“ No! Ma se tutto ciò avvenne, lo fu grazie a Vittorio Emanuele III di Savoia, Il re Soldato, il Duce supremo e comandante in capo dell’Esercito Italiano


il re Vittorio Emanuele III di Savoia




immantinente replicai: “Se, non lo sai, te lo dico io! Nei suoi 46 anni di regno dette il proprio consenso a fare guerre in ogni continente, iniziando già dal 1911 con la guerra Italo/Turco, per conquistare la Libia (le immense regioni desertiche della Tripolitania e della Cirenaica) e nell’occupare alcune isole del Dodecanneso nel mare Egeo.” 




Continuai affermando: “Non c’è lo con Casa Savoia, né con Vittorio Emanuele III”., Incalzai poi, affermando: “ eppure sono nato durante il suo regno, fortunatamente, però, quando era agli sgoccioli" . 
 "Insieme a te vorrei sapere, (che ritengo una persona riflessiva, onesta e giusta), ed analizzare la vita di quest’uomo, che da quando diventò Re, a me sembrò, che né abbia combinato tante, (‘nu cuofene come diciamo dalle nostre parti). Le malefatte furono tante, a parte le guerre, ma, se pensiamo ai tradimenti ed agli spergiuri, stravolse trattati internazionali controfirmati con diversi stati, ed impose leggi razziali verso cittadini d'estrazione religiosa diversa dalla cattolica (come gli ebrei).”
“Carissimo, mio Sasà ‘o professore”, rispose il mio interlocutore, (Tore Castagna): “Ti contraddico! Il buon Re Vittorio Emanuele III durante tutto il suo lungo regnare non fu solo un guerrafondaio, ma ebbe un atteggiamento politico rivolto, specie all’inizio, alla creazione della pace sociale. Attivò una legislazione, che superò l’ardente contrasto tra il capitale ed il lavoro. Ebbe come punto di forza della sua visione politica, quella di portare le classi popolari ad un alto livello intellettuale, morale ed economico, assicurando un’istruzione a tutti i cittadini”.


Continuò affermando: “ Nel periodo che va dal 1900 ed 1921 (non va dimenticato) promulgò leggi, come la tutela degli emigranti; la tutela del lavoro, istituì alcuni diritti fondamentali, specie per le donne lavoratrici e per i minori;  fece adottare le misure contro la malaria; istituì l’Ufficio del Lavoro; quello per la realizzazione dell’Edilizia di Case Popolari; istituì, infine, l’assicurazione a garanzia degli infortuni sul lavoro.  Promulgò l’obbligo del riposo settimanale, l’istituzione della Cassa nazionale delle assicurazioni sociali, quella per la maternità e l’assistenza a favore dei colpiti da disoccupazione involontaria, la mutualità scolastica e la meritoria Opera Nazionale Combattenti. “ 



Per tutte queste leggi, da Lui fortemente volute ed ispirate, fu ritenuto come un Re Socialista, pronto e attento alle esigenze di progresso del Paese.

Contribuì finanziariamente alla fondazione a Milano della prima Clinica di Medicina per il Lavoro d’Europa e di uno dei primi istituti per lo studio e la cura del cancro”.

 “Va bene tutto ciò! “ Interloquii: “ come lo spieghi, allora, che non tutto il popolo era con lui? Nel marzo del 1912 ci fu un attentato alla sua persona, in Piazza del Pantheon a Roma e fortunatamente andò a vuoto. Fu un attentato a colpi di pistola per opera del ventenne muratore romano anarchico, Antonio D’alba, che fu prontamente arrestato e velocemente processato e condannato a 30 anni di galera in isolamento. Morì in un manicomio giudiziario, non potendo essere giustiziato, perché le nuove norme non prevedevano la pena capitale per il solo fatto che il suo gesto non ebbe le funeste conseguenze (il regicidio). Ci fu anche un altro attentato, nell’estate del 1941, durante una visita sul territorio appena conquistato, l’Albania, finito presto nel dimenticatoio per non pregiudicare l’alone di notorietà del piccolo Re, divenuto, non per sue grandi gesta eroiche militari, oltre a Re d’Italia ed Imperatore dell’Eritrea e della Somalia, anche Re d’Albania. “


“Allora non era tutto oro quello che luccicava” m’interruppe, il buon Castagna, “ la sua altezzosa ed austera regalità era solo una copertura istituzionale formale, come lo sono tutte i Re e le Regine di questo mondo, poiché giustamente il potere di governare un paese è delegato a un presidente del Consiglio eletto direttamente o indirettamente dal popolo con elezioni indette periodicamente sancite da costituzioni. “
“In realtà in ogni paese civile così è esercitato il potere” ripresi a dire: “A quell’epoca, però, la nomina dei Capo dei governi e dei Ministri era esclusiva prerogativa del regnante, tanto che, i guai della nostra Nazione si possono facilmente addebitare a Lui, nel nostro caso Vittorio Emanuele III.  Con pavido, ombroso  e caparbio comportamento manifestò, la non grande personalità, specie, come durante la marcia su Roma delle squadracce fasciste. “

“Allora Professore Sasà, volete affermare che era un inetto,  che si faceva consigliare malamente dai suoi autorevoli collaboratoti della corona”  mi contestò il caro Castagna e mi rintuzzò che, se, si piegò e accettò la dittatura fascista dell’Onorevole Mussolini, fu per ben determinati motivi, specie tre, (come riportò lo storico Renzo De felice nella sua storiografia del fascismo), che  si possono racchiudere in :
* La debolezza del governo in carica presieduto
   dall’onorevole Luigi facta;
* La paura dell’atteggiamento filofascista del Cugino,
   il Duca d’Aosta, che l'avrebbe potuto spodestare;
 * Le incertezze dei vertici militari nel contrastare la    
    marcia su Roma, giustificando come una inutile 
    guerra civile interna.
“Non sono giustifiche plausibili, anche perché era noto a tutti che le preoccupazioni erano fuori luogo, sul fatto che, le forze militari dell’esercito di stanza nella capitale, erano di gran lunga come quantità superiori dell’orda fascista che risultava mal equipaggiata ed ordinata”.
“Caro Castagna! Tengo a precisare che ho letto che il piccolo Re, tentò, ligio allo Statuto Albertino, di dare una parvenza costituzionale parlamentare, dando l’incarico di  formare (dopo le dimissioni di Luigi Facta), un nuovo governo liberal-fascista, presieduto dal Duo (Salandra – Mussolini). Ipotesi prontamente bocciata dai fascisti e così si piegò a concedere l’investitura governativa al solo Mussolini.”.
“Scusate, Professor Sasà",  interloquì il buon Castagna, allora così si giustifica la resa a Mussolini o siete convinto che da parte di sua maestà c’era un preciso tornaconto, perché, Lui, custode della oligarchia monarchica e dei privilegi nobiliari,  si mostrò riluttante ad ogni esigenza libertaria  e si distinse nell’adottare una netta tendenza antidemocratica, anticomunista, antisocialista, antipopolare e perfino anticlericale dopo l’8 settembre”
La sporca guerra subita per volontà fascista, (Caro Castagna) lo tramanda come anch’egli un re tentenna, come il suo avo Carlo Alberto di Savoia, volendo in cuor suo sbarazzarsi del Duce, ma, non ne era capace, né  possedeva l’autorità”. “Era, volete dirmi, un re fantoccio” riprese il buon Castagna” che, non contava niente, doveva solo apporre la firma di Re¸ (quale prima autorità  della Nazione)  ai documenti importanti, specifico, alle leggi, ai decreti, ai trattati internazionali diciamo alle questioni  non solo formali e burocratiche, ma pure sostanziali senza potersi opporre”.
“Caro Castagna, non andò tutto così !” Gli risposi con garbo, e continuai “ Dopo le sconfitte per le battaglie della difesa dei territori conquistati in terra d’Africa, si convinse che fosse giunto il momento di rompersi dello squadrista fascista ed approfittando del voto contrario del Gran Consiglio del Fascismo del 25 Luglio 1943 alla sua disastrosa politica, l'indomani nel riceverlo a palazzo Chigi, lo fece arrestare e contemporaneamente nominò nuovo capo del Governo il generale Pietro Badoglio,
Gen. Pietro Badoglio


che il 3 settembre firma un armistizio con gli Alleati (reso noto solo l'8 Settembre, dopo che il 7 settembre fu fatto annunciare da radio Algeri dal generale  Eisenhower  con la minaccia di un bombardamento sulla capitale qualora non si procedesse alla proclamazione). L'esercito si ritrova allo sbando sotto i colpi delle numerose unità tedesche, inviate in Italia all'indomani della caduta di Mussolini.”
“Era finito il fascismo, allora Professò !”  Istintivamente esultò il Castagna e proseguì tutto eccitato:
”Come le sapete tutte queste cose, se non eravate ancora nato, l’avete letto da qualche parte, perché mi ricordo a scuola non ce l’hanno fatto studiare, i nostri libri di storia si fermavano alla guerra del !915/1918.”
Gli contestai allora velocemente dicendogli :“Tu, come fai a non conoscere questo tipo di storia abbastanza recente. Sono passati appena 50 0 60 anni fa.  A me, mio padre, trovava sempre il modo di raccontarmela  e descrivermela, perché vissuta da lui con tutta la famiglia direttamente in quel periodo. L’ultima guerra, l’Italia l’ha vissuta in tutto il territorio dalle alpi fino in Sicilia, non solo con l’esercito, con la marina e con l’aeronautica, ma  con tutto il popolo, nessuno escluso. Le popolazioni vissero e sopportarono privazioni, umiliazioni e bombardamenti senza alcuna colpa solo a causa di cervellotiche ambizioni del potere fascista, colluso con Casa Savoia.
La mia stessa nascita avvenne in un ricovero antiaereo, nella selva di Chiaiano, una cava dismessa, sfruttata per ricavarne la pietra di tufo,  nell’estate del 1943.  Non ti dico in che condizioni precarie e con quanta miseria indescrivibile ed impensabile, senza comodità, né refrigerio alimentare. In poche parole si viveva accampati alla men peggio con una gran paura soltanto. Si va dicendo questa è la guerra! Ma se la facessero chi l’ha voluta e non il popolo che vuole vivere lavorando in santa pace, senza voler conquistare né terre, né ricchezze..
Dopo il cosiddetto armistizio della fine della guerra dell' 8 settembre del 1943,per un pò cessarono i bombardamenti e le paure.
(A proposito la parola Armistizio, oltre a significare tregua senza combattimenti
 fra due eserciti in lotta, segna però, specificatamente la data precisa della fine del conflitto, e può essere corto o lungo, a secondo il tempo stabilito. In quello lungo invece fu anche prevista la resa incondizionata di uno dei contraenti e la fine completa delle ostilità. “Professò non ve fermate!”  Mi pregò il mio interlocutore : “ pure si ‘o sacce comm’ è ghiuta a fernì, ma ‘o voglie sentì a vuoie, ‘o sapite raccuntà bbuone, me piace e ve sentì!
“Grazie del complimento allora eccoti accontentato”:
 “L’Italia a mezzo del generale Giuseppe Castellani la sera del 3 settembre firmò nella piana di Cassibile nei pressi di Siracusa, per conto di Badoglio  (rappresentante del governo italiano) “ l’Armistizio Corto” e fu controfirmato dal generale Walter Bedell Smith (futuro direttore della CIA) a nome di Eisenhower, che rappresentava l’esercito delle Truppe alleate Anglo-Americane.
“Ca brutta fine ca fecetteme! Prufesso’” m’interruppe il buon Castagna e poi continuai  “ Dopo la proclamazione dell’armistizio e prima che Roma fosse dichiarata una città aperta, il mattino successivo Vittorio Emanuele III, il re,  con al seguito la regina, il principe ereditario,  con Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore se ne fuggì da Roma  verso il Sud Italia per mettersi in salvo sotto la protezione dell'esercito Alleato.
La carovana fuggiasca reale, giunta ad Ortona s’imbarcò per Brindisi, dove fu anche fissata la nuova sede del governo. Vittorio Emanuele III, il Re, assicuratosi la protezione dell’esercito americano, il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania e senza abdicare, affidò al figlio Umberto il compito di governare quella parte della nazione, che si trovava sotto il controllo alleato, (praticamente il sud Italia).

Umberto di Savoia, Principe di Piemonte 


 Intanto al Nord Italia i tedeschi, liberato Mussolini l’11 settembre del 1943, lo indussero ad allestire sul lago di Garda un nuovo governo sotto la loro protezione e gli fecero proclamare “ la Repubblica Sociale Italiana “.
Repubblica Sociale Italiana


Lo stemma dello Stato è formato da uno scudo sannitico dai colori nazionali interzati in palo, sormontato da un’aquila, col bianco caricato del Fascio Repubblicano.




Nel giugno del 1944 VittorioEmanuele III , screditato per l’appoggio fornito alla dittatura fascista, appena, dopo la liberazione di Roma, fu costretto dai  partiti antifascisti  a nominare il figlio, Umberto II di  Savoia, Luogotenente generale del Regno, nomina  caldeggiata dall’Ex Presidente della Camera “ Enrico De Nicola “ per evitare l’immediata abdicazione e la fine della monarchia.                         
Umberto di Savoia, dopo la nomina, firmò il decreto legislativo luogotenenziale 151/1944, che stabiliva che «dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali» sarebbero state «scelte dal popolo italiano, che a tal fine» avrebbe eletto «a suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato» dando per la prima volta il voto alle donne.
Intanto l’offensiva Alleata e l’insurrezione generale del paese,(iniziata da Napoli con le 4 giornate, dove il grande eroismo dei napoletani, compreso i suoi scugnizzi, scacciò  l’orda nazista liberando la città) il 25 Aprile del 1945, guidata dal Comitato Nazionale di Liberazione sconfissero l’esercito germanico costringendolo alla resa dichiarando la fine della guerra.


Le procedure di resa 

A Caserta il 28 aprile  del 1945, in un salone di quel palazzo che era stata la Reggia dei Borbone, il Capo di S.M. William Morgan de Rimeer con i vice Lemnitzer, americano, e Airey, britannico, e locali rappresentanti della Marina (Parker) e dell'Aeronautica (Cabel) ricevette alle ore 18:00 Schweinitz e Wenner, ai quali chiese di presentare le credenziali: il primo disse che la sua delega era condizionata al modo di intendere la resa da parte di Vietinghoff, mentre il secondo, privo di limitazioni da parte di Wolff, aggiunse che aveva anche la delega di Graziani.

Nel salone di palazzo Borbone, (la Reggia di Caserta), a sinistra i delegati tedeschi, 
di fronte l'estensore del verbale delle tre firme e l'interprete tedesco, 
a destra il Generale Morgan e
 alle sue spalle anche il Generale Kislenko (con gli stivali)



La Luogotenenza durò fino al 9 maggio 1946, quando in vista delle elezioni il re, Vittorio Emanuele III, fu indotto dai suoi consiglieri all' abdicazione e Umberto II di Savoia fu proclamato Re d’Italia e tenne il trono meno di un mese, poiché il Referendum del 2 giugno, a maggioranza sancì la vittoria Della Forma Repubblicana dello Stato Italiano e la sconfitta della Monarchia ponendo fine al Regno d’Italia.
“Dopo l’abdicazione che fine fece Vittorio Emanuele III , professore?” mi invocò di precisargli il buon Castagna.  Gli risposi : “non fece una bella fine, dopo la svolta di Salerno si rintanò  a Napoli  sulla collina di Posillipo nella villa Rosebery e la mattina era solito mettersi sugli scogli antistante la villa a pescare, subendo lo sfotto dei pescatori napoletani, che lo sbeffeggiavano dicendogli , Vittò’ finarmente t’ ‘a si luvata chella curona ‘e merda ‘a capa” ( Vittorio, finalmente te la sei tolta quella corona di cacca dalla testa!)
 Dopo l’esito del Referendum nel “ giugno 1946” esiliò definitivamente ad Alessandria d’Egitto, ospite del re Faruk ( regnante a quell’epoca  del territorio egiziano). dove morì il 28 dicembre 1947 con il titolo di Conte di Pollenzo,  esattamente 4 giorni prima dell’entrata in vigore  della Costituzione repubblicanail 1° gennaio 1948   
“Scusate l’mpertinenza, Professore Sasà, perché  Vittorio assunse il titolo di  Conte di Pollenzo?”  Mi domandò il buon Castagna.
La risposta fu immediata per soddisfare la sua curiosità e gli spiegai :
“ il titolo di Conte di Pollenzo  faceva riferimento ad un Feudo acquistato da casa Savoia nel ‘700 ,nei pressi  di Bra nel Piemonte, dove Carlo Alberto vi aveva fatto costruire uno splendido castello ed in esso Vittorio Emanuele III, era solito soggiornare, quando era re, e vi custodiva la sua celebre raccolta numismatica. Del resto c'era stato già un precedente dello stesso bisnonno, Carlo Alberto, che, quando abdicò dopo la battaglia di Novara a favore del figlio Vittorio Emanuele II, assunse il nome di Conte di Sarre, anch'essa una residenza reale”





 

Ci sarà un capitolo su Umberto II di Savoia, se quello su Vittorio Emanuele III è stato interessante, attendo un commento per proseguire







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Commenti

  1. Interessante escursus storico. Un saluto da Sar.

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  2. caro SASA'...io sono come il tuo iterlocutore Castagna...le cose non le so...tu devi continuare a narrare...devi proseguire perchè devo leggerti...i commenti li faccio con mia figlia quando mi dice papà il professore SASA'ti ha preso il cuore.

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  3. Caro professore sassà“ pure io a canosco a storia dei  Savoia,  si ‘o sacce comm’ è ghiuta a fernì, ma ‘o voglie sentì a vuoie, ‘o sapite raccuntà bbuone, me piace e ve sentì!Sapite a chi mi facit venì a mente ? De Crescenzo ,si avete capite sì proprio  isse o scrittore napulitano...Quello che scrisse :"Così parlò Bellavista" bravo assai!Bè , mi raccummanno, vi aspetto a prossima vota!Mò , mi vaco a ripusà!Dora

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  4. Sempre documentatissimo, Sasà! E' un piacere leggerti e scoprire...A presto!

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