I casali di Napoli



I Casali di Napoli

Cosa sono ed erano i cosiddetti “ Casali “ e  cosa hanno a che fare con la città di Napoli  per essere ricordati nel famoso detto:    
 “ cammina Napoli e 36 casali” o “Gira pe’  Napule e pe’  36 casale”
Tale antico detto stava a significare una persona che va in giro  per tutta Napoli e sui 36 casali. 

 
Mappa dei casali attorno a Napoli









 Il termine "Casale" deriva dal latino medievale e sta ad indicare un gruppo di case rurali, un villaggio di case coloniche rustiche formatosi, in zone di campagna dedite alla coltivazione di cereali     
 (grano, patate),  ed alla produzione di olio e vini. 
 Il termine casale fu usato, anche, come elemento di toponimi famosi e tuttora esistenti come città importanti in tutto il territorio italiano, le più note sono:
Casal Monferrato (in provincia di Alessandria);
Casal Pusterlengo (in provincia di Lodi);
Casal Grande (in provincia di Reggio Emilia);
Casal Bordino (in provincia di Chieti);
Casal di Principe (in provincia di Caserta);
Casal Nuovo (in provincia di Napoli);
Casal Buono (in provincia di Salerno);
Casal Velino (in provincia di Salerno);
  L’origine dei casali è molto antica si può far risalire attorno al 100 a. C. o addirittura all'epoca successiva alla seconda guerra punica, quando Roma espropriò il fertile AGER CAMPANUS e fece sorgere su tutta la pianura napoletana  numerose ville rustiche, dedite alla coltivazione di cereali e legumi ed in seguito anche alla piantagione di piante per  ottenere la produzione di frutta varia, olive, uva per ottenerne, poi, olio ed eccellente vino.
Il termine Casale, compare nel Mezzogiorno esattamente nell’XI secolo ed in seguito nel XIII come conseguenza dell’abolizione della servitù della gleba e l’introduzione del contratto dell’enfiteusi ( cioè quando il proprietario di un terreno agricolo, non desidera interessarsi direttamente e quindi lo cede ad altri il godimento, ottenendo come  contropartita l’obbligo di farsi pagare un canone e di apportarne eventuali migliorie dall'affittuario). Tale antica organizzazione prese corpo dalle forme di struttura di proprietà,  introdotte dalle comunità benedettine cistercensi, e consisteva in  una organizzazione del lavoro di tipo autarchico volto allo sfruttamento intensivo di grandi estensioni di terreni agricoli .

I casali insomma  erano delle case sparse. Villaggi di fondi rustici vicini alle mura della città, mentre quando erano insediamenti lontani erano detti “ oppida” o  “Castra”, in quanto dovevano in qualche misura  assicurare sia pure per tempi brevi, la difesa delle genti che li popolavano


Gli antichi romani chiamavano oppidum o castrum (plurale latino: Oppida  o  Castra) una città fortificata  priva di un confine sacro (il pomerio = delimitazione non costruita) proprio invece dell'urbe,  e vennero così individuati come “Oppida  o Castra” gli insediamenti cittadini fortificati, più grandi del semplice vicus, (borgo) ma non ancora abbastanza estesi per essere indicati come civitas (città) ).
 
Il numero dei casali non è stato mai fisso nel secoli, perché alcuni,(quelli più piccoli) scomparivano in quanto assorbiti da quelli più grandi, come avvenne per Arcus Pintus e villa Cantarelli, incorporati da Afragola; Porzanum e Lanzasinum da Arzano; Pollanella e S. Severinum  da Miano; Sirinum e S. Ciprianus da Barra; Balusanum e Turris Marani da Marano; Tertium da Ponticelli; Malitelllum e Carpignanum  Da Melito (Malitum); Grambanum e Capitanumad S. Jeogium, incorporati  da S. Giorgio a Cremano; Sola e Calastum  da Turris Octava che divenne poi Torre del Greco.



Il primo documento che parla di quantità di casali di pertinenza del territorio intorno a Napoli è un cedolare angioino riguardante la riscossione delle imposizioni fiscali dette collette (tale imposta era dovuta secondo il numero dei fuochi, cioè nuclei familiari, che risiedevano nell’insediamento rustico ed era  denominata per questo “ Focatico”) in cui sono registrati  43 casali secondo la trascrizione dello storico dell’epoca , il  Chiarito.

Si dovrà giungere infine a poter affermare che la definita  istituzione dei Casali, fu il 26 febbraio 1266 , dopo che l’esercito francese di Carlo d’Angiò, sconfitti gli Svevi nella battaglia di Benevento, ebbe la via libera per Napoli, e per ringraziare la cittadinanza per l´aiuto e la devozione che gli fu dimostrata, diede alla popolazione delle concessioni prima di partire per Palermo, (come è riportato nella fonte storica “ Liber donationum “). Una di queste concessioni fu quella di istituire i casali, che venivano detti anche “vichi” o “paghi”(dal Latino) nell’antica divisione ed organizzazione del territorio romano.

 infatti sia i vichi, che i Paghi, erano indicazioni antiche di un  territorio rurale, distante dal centro abitato della città.

( I Vichi , (dal latino Vicus) stava per «quartiere, borgata» e quindi «centro abitato, villaggio»]Tale termine è stato poi adoperato in riferimenti storici, come  elemento di parecchi toponimi ( Vico Equense , Vico Pisano, Vicovaro , Lago di Vico , ecc.).


I Paghi, (dal latino Pagus)  – erano nell’antico territorio di Roma (e anche nel territorio gallico), dei distretti campagnoli; il pago era considerata l’unità territoriale fino a quando mantenne il suo  solo carattere  rurale..)



Con l´avvento di Alfonso d´Aragona, il 28 febbraio 1443 il Re dispose un censimento a fini fiscali detto numerazione dei focolai. Da questo censimento vennero esonerati i casali, creati dagli angioino, evitando cosí di pagare “li 42 carlini a fuoco”, previsti dal censimento, godendo gli stessi privilegi, prerogative ed immunitá della cittá di Napoli.

Senza calcolare Torre del Greco, che nonostante rientrasse nel territorio di Napoli, non era considerata casale ma castello ben munito, i casali erano 36, e divisi in 4 zone: 8 lato mare, 10 entro terra, 10 nella montagna di Capodichino, e 8 appartenenti al monte Posillipo :

Quelli del lato mare – la costiera destra sotto il Vesuvio erano -

Torre Annunziata, Resina, Portici, San Sebastiano, San Giorgio a Cremano, Ponticelli, Varra di Serino, San Giovanni a Teduccio.

Quelli del lato terra – dell’entroterra -

Fraola, Casalnuovo, Casoria, San Pietro a Patierno, Fratta Maggiore, Arzano, Casavatore, Grumo, Casandrino, Melito.

Quelli del lato montagna di Capodichino –Lato Nord-Est

Marano, Mongano, Panecuocuolo, Secondigliano, Chiaiano, Calvizzano, Polvica, Piscinola, Marianella

Quelli del lato montagna di Posillipo –Lato Ovest

Antignano, Arenella, Vomero, Torricchio, Pianura, S. Strato, Ancarano, Villa Posillipo.


 


I nomi di certi casali si riconoscono anche oggi, e tra quelli che oggi sono quartiere di Napoli, troviamo:
Varra di Serino, che oggi é il quartiere Barra.
S. Strato, borgo di Posillipo con la sua chiesa dedicata al Santo sulle rovine di un vecchio tempio Romano, proprio nell´anno dell´istituzione dei casali, 1266.
Polvica o Pollica, la sua ubicazione é segnalata a occidente sul monte dei Camaldolesi, quindi è stato incorporato come pure i Camaldoli nel quartiere di Chiaiano.

Il Casale del Vomero invece, ci viene descritto come una contrada sulla collina di Napoli verso oriente, dove i Napoletani nel mese di ottobre concorrono in folle, per godere di quell´aria, della veduta, e del vago orizzonte. 
Piscinola, Piscinula sotto la corte Angioina, era conosciuta per la sua produzione di lino, canape, vino, e frutta.
Secondigliano, addirittura segnalato in provincia di terra di Lavoro, come casale, era conosciuto per la sua produzione di grano, legumi, canapa, e pregiatissimi lini. 

Pianura, villaggio con la popolazione dedita all´agricoltura ed al trasporto di piperno.
Torricchio, che oggi é il quartiere Materdei, Gaetano Nobile nella sua descrizione di Napoli, scrive che sino a cader del secolo XVI, questo luogo veniva chiamato il Torricchio, da una piccola Torre Baronale, che sorgeva dalla sommitá della contrada.
Tra i casali che sono diventati cittá autonome abbiamo Fraola e Mongano, che diventano Afragola e Mugnano, mentre Panecuocuolo era un villaggio, dove oggi sorge Villaricca
A. Summonte nella sua “Historia della Cittá e Regno di Napoli” descriveva cosí i casali di Napoli:
“Questi casali sono abbondantissimi di frutti, dei quali se ne gode tutto il tempo dell´anno, ancora sono fertilissimi di vini preziosi e delicati, di frumento, di lino finissimo, e canapa di gran qualitá, di bellissime sete, vettovaglie di ogni sorta, selve, nocellami, polli, uccelli,



In definitiva, i casali, appartennero interamente al cosiddetto “ Regio Demanio”, e godettero di esenzioni fiscali. Successivamente quando il regno di Napoli era sotto la dominazione spagnola ed i Viceré presero l'abitudine di vendere i casali demaniali per impinguare le casse dello stato iberico. Tale vessazione vicereale ( la vendita dei casali) creò numerose proteste, fino a che Carlo V sali al trono ed accordò nel 1536 lo " JUS PRAELATIONIS "(il diritto di prelazione), ovvero la facoltà dei casali  di riscattarsi; tuttavia, l'ordinanza ebbe un effetto deleterio sulle finanze locali e a molti casali mancò la possibilità economica di esercitare il riscatto; altri invece furono costretti a rivendersi per liberarsi dai debiti contratti.
 L'ordinanza di vendere i casali demaniali continuò fino  al 1637, quando vi furono tante  proteste armate, che esplosero definitivamente  unendosi, poi, alla storica  rivolta di Masaniello, da parte prima tra alcuni casali e poi in tutto il regno. Con l'abolizione del feudalesimo i casali divennero comuni autonomi, ma il legame con la città  di riferimento rimase inalterato, con la quale condivideva consumi ed osservava gli stessi obblighi giuridici e amministrativi, divenendo così l’istituzione territoriale detta “ Provincia”..

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