'o Gegante 'e Palazze

Statua de " 'O Gegante 'e Palazze "

IL monumento della statua del Gigante di Palazzo non è altro che, la gigantesca statua di Giove ritrovata a Cuma.
Il Gigante di palazzo è un enorme busto marmoreo, originariamente consacrato al culto di Giove, che fu  rinvenuto in località Masseria del Gigante durante gli scavi del Capitolium a Cuma e che data la sua maestosità si attribui dedicato a un Dio e si credette fosse Giove il più grande degli dei..
La grandiosa opera marmorea, dopo il suo ritrovamento nel 1668 per volere dell'allora Viceré di Napoli don Pietro Antonio d'Aragona, fu collocata  in cima alla salita che dalla darsena immetteva in Largo di Palazzo, ovvero nell'attuale Piazza del Plebiscito.
 

L'enorme busto marmoreo, dal nome che gli venne dal popolo, come " 'O Gegante 'E Palazzo" fu per Napoli ben presto e per centotrentotto anni quello che la statua di Pasquino fu per Roma e il Gobbo di Rialto per Venezia, ovvero il sito, dove si apponevano le cosiddette pasquinate, (satire in versi e in prosa contro le ingiustizie provocate delle autorità costituite).        Satire, scritte da ingegni occulti e mani misteriose, che le affiggevano, sfidando nelle notti oscure i posti di guardia, che vi presidevono per scoprire i colpevoli.
Il primo che fu preso di mira dalla pasquinate napoletane apposte sotto la statua del gigante di Palazzo, fu lo stesso don Pietro Antonio d'Aragona, ma chi dette fama  involontariamente al celebre   Gigante di Napoli in tutta Europa fu Luis de la Cerda, duca di Medinaceli, che giunto come viceré nel 1695 pensò bene di scoprire che fossero i vergatori della spietata satira antigovernativa e per questo mise una taglia di 8.000 scudi d'oro a chi avesse fornito notizie utili all'arresto degli autori. L'effetto della taglia fu che si trovò, il giorno successivo, un foglio affisso ai piedi del Gigante, in cui veniva offerto come risposta invece di 8.000, ben 80.000 scudi d'oro a chi portasse la testa del viceré in piazza del Mercato.

Ai viceré austriaci, non andò meglio, anzi la satira fu più feroce, si ricorda la pasquinata rivolta al conte Alois Thomas Raimund di Harrach, nel 1730, trovata sul marmoreo busto a lui indirizzato un couplet , cioe versi rimati che ancora oggi leggibili su banchi e su pareti, scritti dai ragazzi come arma innocua nel rapporto di potere contro il mondo adulto, o ripetuti con delizia dai bambini nelle complicità socializzanti della fase anale.

«Neh che ffa 'o conte d'Harraca?
Magna, bbeve e ppò va caca».
L'ignoto e ingenuo vergatore,  compendiava nella quotidiana soddisfacibilità di tre primari bisogni personali le uniche preoccupazioni "politiche" del conte d'Harraca.
Infine prima di essere rimossa la statua dalla piazza per volontà del sovrano francese, Re Giuseppe Napoleone, quando lasciò Napoli, perchè mal sopportava quella satira insopportabile alla sua persona, si trovò l'indomani seguente  il "trasloco"  del Gigante dalla piazza alle scuderie di Palazzo reale. una scritto dove  pareva che erano riportate sul busto le ultime volontà del vecchio Giove, che dicevano: «Lascio la testa al Consiglio di Stato, le braccia ai Ministri, lo stomaco ai Ciambellani, le gambe ai Generali e tutto il resto a re Giuseppe». E tutti compresero quale altra "parte" riservasse argutamente al Re Bonaparte.
 
Originale della statua di Giove Capitolino di Cuma
in primo momento collocato accanto a Palazzo Reale
Attualmente il Gigante si trova al Museo Archeologico Nazionale 




In realtà il Gigante è un torso acrolito, il che significa che braccia e gambe furono ricostruite posticciamente, quando fu deciso all'epoca di posizionarlo accanto a Palazzo Reale. Attualmente il Gigante si trova al Museo Archeologico Nazionale 
 Oltre al torso acrolito di Giove, furono ritrovati durante gli scavi a Cuma anche i busti di Giunone e di Minerva in siti e tempi diversi. Essi sono adesso conservati in qualche scantinato del Museo archeologico di Napoli, ma c'è chi giura che giacciano, tra la polvere e l'oblio, in una rimessa del Museo di Capodimonte.

Questo è la fine che facciamo fare del nostro patrimonio storico culturale della nostra città.

Commenti

  1. Vi leggo assiduamente.
    Siete un grande.
    continuate così che la mia fame di sapere "meridionalista" non è mai sazia.

    Aldo V.

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